#memorabile
Chi, come noi, viaggia per mangiare alzi la mano!
E chi prenota i ristoranti del posto prima ancora della vacanza stessa, la alzi un’altra volta!
Il nostro piano enogastronomico serrato in giro per la Liguria – che vi abbiamo raccontato qui e qui – non poteva non concludersi all’Agave di Framura (SP).
È nato prima l’Agave o la ciclabile?
Siete mai stati a cena in bicicletta? Molti risponderanno di sì, perché altrettante cittadine italiane permettono di spostarsi agilmente su due ruote.
Ma riformuliamo la domanda: ci siete mai stati attraversando una ciclabile di 5 km non affiancata da auto e costruita prevalentemente in galleria, al mare?
Ebbene, insieme al treno, la bici è l’unico modo per raggiungere l’Agave e Framura stessa, a nostro avviso anche il migliore. Innanzitutto, senti che ti stai davvero guadagnando il pasto (che poi smaltirai tornando indietro!) e ti godi gli scorci a picco sul mare, l’odore intenso della salsedine verso uno dei tramonti più belli che ci siano.
L’Agave a Framura si chiama così per l’enorme pianta di agave sulla facciata di questo posto incastonato nella roccia. Pare fosse un vecchio ricovero attrezzi, quello dell’ex ferrovia che collegava Framura a Levanto e che adesso è stata sostituita dalla cosiddetta ciclabile “Maremonti”.
Senza la ciclabile non ci sarebbe stato neppure l’Agave, opera di Marco Rezzano, personalità carismatica e conosciuta in tutta la regione perché presidente dell’Enoteca Regionale della Liguria, sommelier AIS come le sue figlie che lo affiancano alla conduzione dell’Agave.
Si mangia bene, si beve meglio
Infatti, all’Agave si mangia benissimo, ma soprattutto non si beve a caso.
Non per nulla si definisce “un’enoteca con cucina”.
Mentre il sole stava per tuffarsi nel piccolo porticciolo mozzafiato su cui il nostro tavolo sembrava galleggiare, abbiamo sorseggiato uno spumante di Portofino che non dimenticheremo facilmente.
Era perfetto per il momento, perfetto con i ravioli di borragine fritti come entree di benvenuto, perfetto per l’antipasto del nostro menù da 5 portate: il polpo “della formìca”. Incuriositi da questo nome, il cameriere ci ha spiegato che è così che si chiama lo scoglio dove viene pescato, proprio davanti all’Agave. La ricetta dello chef prevede che venga cucinato al vapore, con un’emulsione di carota e sedano. Noi l’abbiamo trovato molto succoso!
Ci sentivamo come prima di un grande colpo di scena, che in effetti è arrivato: piatto e vino della serata, quello che avrebbe vinto su tutto, ma ancora non lo sapevamo.
Il primo: cozze, o “muscoli” (come le chiamano i liguri per derivazione francese) nella loro riduzione, con pappa al pomodoro e salicornia. Ora, noi adoriamo le cozze, amiamo la pappa al pomodoro e abbiamo un debole per la salicornia sin da quando l’abbiamo mangiata da Radici, a Ravenna. È stato un piatto dell’infanzia in chiave matura, una combinazione di sapori che è cresciuta con chi la mangia, perciò ci ha conquistati.
Ma soprattutto, l’ha accompagnato il Vermentino Riviera Ligure delle cantine Laura Aschero. Ci è piaciuto così tanto che…per fortuna la bici a noleggio aveva un cestino!
Leggete fino alla fine…
Dal mare al piatto
All’imbrunire, abbiamo proseguito con gli strozzapreti al ragù di dentice, maca indonesiana, mandorle e curcuma dal sapore davvero intenso, bagnati da un Cinque Terre di Albana La Torre raccontato direttamente dall’esperienza del proprietario Marco Rezzano. Ci ha illustrato i vigneti a ridosso delle onde, della sua macerazione che gli da un retrogusto salato e un odore umido, quello dell’erba e della terra bagnata.
Abbiamo concluso con il pescato del giorno: una ricciola con semi di chia e ravanello marinato al lime, ma soprattutto una maionese fatta con l’acqua del polpo di prima, cosa che ha mandato Simone in brodo di giuggiole.
Strada spianata al dolce, mentre le tenebre si impossessavano del porticciolo di Framura e alcuni palombari già partivano per la loro pesca notturna.
Dulcis in fundo
Il dolce ha consacrato definitivamente la nostra cena all’Agave di Framura perchè è stato controverso. Infatti, il morbido al cioccolato con gelato di melanzana, vermouth e cannella ci ha posto un sacco di domande: la melanzana sarà una scelta stagionale? Il sapore della cannella poteva essere più penetrante? Il vago sentore di mare era solo dovuto alla location in cui lo stavamo consumando?
Ne abbiamo discusso sorseggiando un passito di Bianchetta e Vermentino dell’enoteca Andrea Bruzzone, quando abbiamo sentito che i commensali del tavolo accanto rivolgevano le stesse domande alla cameriera. “Io ci avrei messo la cannella in polvere!” ha esordito la signora che sembrava sapere il fatto suo. “Non mi convince il gelato alla melanzana, l’avrei preferito più sapido” aveva aggiunto il signore che la accompagnava.
Non si trattava di commenti saccenti sull’operato della cucina, ma una riflesione costruttiva, un vero e proprio dibattito che abbiamo condiviso con una risata e uno sguardo reciproco. Il cibo aveva aiutato a creare un’atmosfera familiare e per nulla impettita anche tra i clienti. Eravamo proprio finiti nel posto giusto.
Ne abbiamo avuto ulteriore conferma quando, salutando Marco Rezzano, scambiando opinioni e raccontandogli del nostro progetto, ha voluto omaggiarci di una bottiglia del nostro vino preferito di quella serata, il Vermentino di Laura Aschero.
Un ricordo che conserviamo gelosamente nella nostra cantina e nei nostri cuori, e che vi consigliamo di fare vostro se il palato dovesse portarvi oltre le Cinque Terre!
Siete poeti sopraffini di cibi e vini gustati in luoghi che accendono la fantasia, oltre a stimolare le papille gustative, fino a farci desiderare di condividere prima possibile la vostra identica esperienza sensoriale.
Grazie Eleonora e Simone, continuate a guidarci nel mondo della buona cucina 🤩🔝🌟